DIECI ANNI DI SUSSIDIO PARENTALE

CONGEDO PARENTALE: GIA UN TERZO DEI PADRI FA RICHIESTA DEL SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE

Con l’introduzione del sussidio parentale, dieci anni fa, comincia una storia di successo: da allora 8 milioni di madri e padri hanno ricevuto il sostegno famigliare. Il dato è rilevante: l’82 per cento dei riceventi dicono che il sussidio è importante per il loro reddito.

Un bilancio positivo viene tracciato anche dalla ministra per la famiglia Manuela Schwesig: “il sussidio parentale è un pieno successo. Fornisce sicurezza per le giovani famiglie con un neonato durante il congedo, sostiene quindi i genitori con certezze e efficacia proprio quando più ne hanno bisogno. Inoltre il sussidio ha fatto sì che le donne possono rientrare al lavoro più facilmente e che i padri possano prendersi più tempo per i figli. A me fa particolarmente piacere che già oggi un padre ogni tre richieda il congedo parentale. Tutto questo mostra che siamo in sintonia con i desideri e i bisogni dei genitori di oggi”.

L’introduzione del sussidio parentale nel 2007 segna un cambio di rotta nella politica familiare. Con i cosiddetti Partnermonaten, che spettano alla famiglia solo se entrambi i genitori fanno richiesta del sussidio, per la prima volta quest’ultimi vengono considerati nella loro responsabilità familiare e nel loro impegno paterno attraverso l’erogazione di un sussidio aggiuntivo.

Ora il 34 per cento dei padri fanno richiesta del sussidio mensile – in alcune regioni arrivano persino al 58 per centro. Prima dell’introduzione del sussidio parentale erano circa il 2 per cento. Questa crescita ha fatto sì che sempre più madri possano rientrare prima al lavoro.

MODERNIZZAZIONE DEL SERVIZIO

Con l’ElterngeldPlus nel 2015 la prestazione è stata modernizzata e adeguata con più precisione ai desideri e ai bisogni dei giovani genitori di oggi. L’ElterngeldPlus alleggerisce la combinazione tra part-time e assegnazione del sussidio e favorisce una distribuzione condivisa del sussidio parentale tra madre e padre.

Il bonus per le coppie dovrebbe quindi incoraggiare i genitori a pianificare insieme il tempo di lavoro. Così si dà la possibilità di utilizzare per altri quattro mesi l’ElterngeldPlus nel caso in cui madre e padre lavorino per quattro settimane consecutive tra le 25 e le 30 ore la settimana. Il bonus funziona particolarmente bene per i padri: fino al 41 per cento dei padri che hanno fatto domanda dell’ElterngeldPlus scelgono allo stesso tempo anche il Partnerschaftsbonus – bonus di coppia.

ENTRAMBI PROFESSIONALMENTE ATTIVI

“Le giovani coppie desiderano oggi essere attive professionalmente, ma anche entrambi i genitori desiderano avere tempo per i figli”, sottolinea la ministra Schwesig. “Per questo è importante sostenerli in maniera più efficace. L’Elterngeld può allora essere solo l’inizio perchè dà sicurezza ai genitori soprattutto nel primo anno di vita del bimbo.

Per questo vorrei che nella prossima legislatura introducessimo un congedo familiare e un sussidio familiare. Con esso sarebbe quindi possibile rientrare al lavoro ma anche lavorare part-time e contemporaneamente ricevere un sostegno materiale. L’ElterngeldPlus è un passo importante sulla strada del Familienarbeitszeit – congedo familiare”

DI NUOVO AL LAVORO E PRIMA

L’ElterngeldPlus si rivolge soprattutto ai genitori che vogliono tornare prima al lavoro. Se entrambi i genitori contemporaneamente lavorano tra le 25 e le 30 ore alla settimana, allora ricevono un importo maggiorato.

Sebbene abbia solo due anni già 150 mila genitori ne hanno fatto richiesta a dimostrazione che il servizio viene incontro agli specifici desideri e bisogni dei genitori di oggi.

Novità fiscali per i prossimi anni

Aumento della deduzione per i figli

Per garantire uno sgravio fiscale alle famiglie, l’importo esentasse che rispecchia il minimo esistenziale per il mantenimento di un figlio (Kinderfreibetrag) viene innalzato in due fasi: per il 2017 esso ammonta a eur 2.358 a favore di ogni genitore, quindi complessivamente eur 4.716 nel caso di dichiarazione congiunta. A partire dall’anno 2018 l’importo deducibile dal reddito di ogni genitore è eur 2.394; quindi complessivamente eur 4.788 sono deducibili dal reddito congiunto dei due genitori.

Aliquote irpef (Einkommensteuer)

L’importo del reddito complessivo non imponibile ammonterà nel 2017 a eur 8.820; solo a partire da tale sommatoria di tutte le tipologie di reddito, verrà applicata l’aliquota fiscale progressiva. A partire dall’anno 2018 la no tax area ammonterà a eur 9.000.
Al fine di attutire l’erosione fiscale causata dall’inflazione, la formula dell’aliquota impositiva progressiva viene alleggerita dello 0,73 % nel 2017 e del 1,65% nel 2018.

Deduzione per il mantenimento di parenti, affini ed altre persone verso cui sussiste un obbligo morale.

Tale importo viene adeguato al minimo di sussistenza ed ammonta quindi per il 2017 a eur 8.652, a partire dall’anno 2018 a eur 9.000

Importanti variazioni del Diritto Procedurale Fiscale dal 2017

Le richieste di interpello ricevute dall´ufficio Finanziario entro il 31.12.2016, devono essere lavorate entro 6 mesi.
Se tale termine non puó essere rispettato, l´Ufficio competente deve comunicare al richiedente le motivazioni del ritardo.
Il termine per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi é stato prolungato a 7 mesi (fino ad ora il termine era di 5 mesi) a partire dalla fine dell´anno oggetto di dichiarazione. Questo nuovo termine avrá validitá a partire dall´anno d´imposta 2018. Nel caso di invio della dichiarazione da parte di un professionista, é ammesso che le dichiarazioni siano presentate al piú tardi entro il mese di febbraio del secondo anno successivo a quello oggetto di dichiarazione (14 mesi). Rimane facoltá dell´Ufficio Finanziario richiedere la presentazione della dichiarazione dei redditi anticipatamente. In tal caso l´Uffico deve concedere 4 mesi di tempo per l´adempimento.
Per le dichiarazioni dei redditi che verranno presentate dopo il 31.12.2018, le regole inerenti le sanzioni per ritardata presentazione saranno per la prima volta piú severe. La sanzione minima sará pari a 25,00 euro per ogni mese di ritardo. Non saranno calcolate sanzioni se l´Ufficio finanziario ha previsto una proroga dei termini di presentazione della dichiarazione o qualora l´importo delle imposte da pagare sia uguale a 0 euro o a credito del contribuente, o se l´importo dell´imposta a saldo non supera quello degli acconti versati e delle detrazioni o in caso di liquidazione annuale delle imposte sul reddito di lavoro dipendente.

Modifiche delle regole sulle Imposte sui redditi per il prossimo anno 2017

Nozione dei costi di produzione: è possibile considerare come costi di produzione quella parte dei costi generali di amministrazione, le spese per enti sociali, per contributi volontari e integrativi direttamente collegati alla produzione; non é tuttavia obbligatorio includere tali costi, sussiste infatti una libertà di scelta. Il bilancio fiscale va comunque redatto in accordo alle scelte prese nel bilancio civilistico; non sussiste la possbilità di scelta autonoma per la valorizzazione di tali costi solo nel bilancio fiscale.

Flexirente – Pensione flessibile Prepensionamento e lavoro secondario

Informazione sulla flessibilità del pensionamento La legge sulla pensione flessibile è stata approvata al Bundesrat il 25 11 2016. Obiettivo della legge è rendere più flessibile il passaggio dalla fase lavorativa alla pensione e allo stesso tempo aumentare l’attrattività di un prolungamento del periodo lavorativo oltre i regolari limiti d’età. Già dal 1 gennaio 2017 entrano in vigore nuove regole sull’età minima pensionabile. Dal 1 luglio 2017 varranno anche nuove regole per i limiti delle retribuzioni aggiuntive e per la compensazione delle riduzioni pensionistiche. Chi vuole andare in pensione si orienta in genere secondo l’età pensionistica regolare. Questa al momento è di 65 anni e cinque mesi. Ma i lavoratori non devono attendere per forza così a lungo. Con almeno 35 anni contributivi sul cassetto previdenziale, già ora possono congedarsi in anticipo dal lavoro, cioè a partire dai 63 anni. Per fare ciò però bisogna mettere in conto delle decurtazioni permanenti. Per questo alcuni pensionati accanto alla pensione anticipata continuano a guadagnare qualcosa per avere un’entrata extra. Fino ad ora: Al momento le possibilità di guadagnare dopo il pensionamento anticipato in concomitanza con una pensione completa sono fortemente limitate. Chi lavora mentre percepisce una pensione anticipata a importo pieno non può guadagnare più di 450 euro al mese e, due volte all’anno, massimo 900 euro. In caso di un reddito superiore la pensione di anzianità viene pagata solo fino a: due terzi, la metà o un terzo rispetto alla pensione decurtata. D’ora in poi: In futuro i lavoratori potranno guadagnare fino a 3600 euro lordi annui senza riduzione della pensione. Questo – calcolato annualmente – è il medesimo importo di prima, ma ora lo si potrà guadagnare anche solo nell’arco di pochi mesi. Un pensionato con una pensione annuale di 12 mila euro (mille euro al mese), guadagna ulteriori 9000 euro all’anno. Dalla differenza tra 9000 e 6300 euro (detrazione) verrà tagliato il 40 per cento (1080 euro) della pensione. Lavorare oltre l’età pensionabile diventerà quindi più conveniente. Fino ad ora: Chi raggiunge l’età pensionabile, può avere un reddito aggiuntivo senza limiti. I contributi pensionistici pagati per questo reddito aggiuntivo dal datore di lavoro non aumentano la pensione. D’ora in poi: I contributi pagati dal datore di lavoro ora aumentano la pensione nel caso in cui anche il lavoratore stesso, secondo una dichiarazione concordata con il superiore, paghi i contributi. Attraverso questo pagamento aggiuntivo la pensione aumenterà con cadenza annuale. L’opzione migliore fino ad ora era rimandare la pensione oltre il limite d’età regolare. In questo caso l’assicurato riceve un addizionale alla pensione dello 0,5 per cento al mese, per ogni mese in cui non prende la pensione. Per un anno di ritardo nel pensionamento quindi si raggiunge il 6 per cento in più. Ad esso si aggiunga che la pensione aumenta grazie ai contributi versati ulteriormente durante l’impiego. Compensazione delle decurtazioni pensionistiche I lavoratori che, dopo i 45 anni di contributi non ricevono una pensione anticipata senza decurtazioni, possono ottenere una compensazione delle decurtazioni intera o parziale se versa dei contributi integrativi (in un pagamento completo o parziale). Se si decide a posteriori di non andare in pensione anticipatamente comunque si mantiene, a causa dei contributi integrativi, una pensione maggiorata corrispondente. Una restituzione dei contributi integrativi non è possibile. Esempio: Michael K. Vuole andare in pensione due anni prima dell’età prevista. Con una pensione di mille euro (lordi) la sua pensione mensile si ridurrebbe di 72 euro. I contributi integrativi alla pensione per una compensazione della decurtazione nelle regioni occidentali della Germania ammonterebbero a circa 17300 euro. Fino ad ora: Dal cinquantacinquesimo compleanno gli assicurati possono domandare al sistema assicurativo un calcolo del costo della compensazione delle decurtazioni per l’età in cui desidererebbero andare in pensione. Questi contributi saranno menzionati in una particolare informativa sui diritti pensionistici. D’ora in poi: In futuro gli assicurati potranno già dal cinquantesimo compleanno richiedere al sistema pensionistico una ragguaglio su quale importo sia necessario per la compensazione delle decurtazioni.

Crisi dei rifugiati in Germania

Per i tedeschi, i confini chiusi sono un  tabù.  Per quanto riguarda la crisi dei rifugiati la UE sbaglia di grosso. Questo è quanto crede la stragrande maggioranza dei tedeschi – e si sente abbandonata dagli altri stati membri. Le richieste ai politici in Bruxelles sono chiare.  Più di tre quarti dei tedeschi respingono l’idea di istituire nuovi recinti e chiudere i confini per impedire ai rifugiati la strada nel proprio paese. Questo emerge da un sondaggio di “TNS Infratest Politikforschung” commissionato dalla fondazione Koerber che è stato presentato martedì mattina al “Berliner Forum Aussenbolitik”. Come prima, anche nell’autunno del 2016 la maggioranza considera la questione dei rifugiati la sfida più grande per la politica estera tedesca. Secondo il sondaggio né la chiusura del confine macedone né il blocco del Mare Egeo nel contesto degli accordi tra UE e Turchia d’inizio anno, a causa di cui i numeri degli arrivi sono fortemente calati, hanno cambiato qualcosa. Con il 45 per cento il tema si colloca ben prima e lontano dalla questione siriana (25 per cento), dalle relazioni con la Russia (16 per cento) e dallo stato dell’Unione Europea (10 per cento).  I tedeschi non si illudono. Anche se considerano la crisi dei rifugiati il tema più importante della politica estera tedesca e una chiara maggioranza non spera una soluzione nazionale. Il 73 per cento si aspetta che la sfida possa essere affrontata solo ad un livello europeo e gli stati membri dell’Unione da soli non ce la faranno a combattere con più efficacia le cause delle partenze e delle espulsioni. Malcontento emerge anche per quanto riguarda l’attuale impegno di molti Stati vicini. Poco più di 3 tedeschi su 4 si sentono abbandonati dagli altri stati membri dell’UE e auspicano delle contromisure in caso in futuro questi non dovessero prendere parte in maniera sufficiente all’accoglienza di rifugiati. Inoltre l’insoddisfazione dei tedeschi nei confronti dell’UE è un dato generale alimentato dalla Brexit. Il 62 per cento dei tedeschi pensano che la UE e i suoi stati membri stiano sbagliando molto. A riguardo una grande parte di tedeschi si sente più legata alla propria nazione che al continente. Il 62 per cento dei consultati ha affermato di vedersi più come tedesco che come europeo. In che misura questo abbia a che fare con l’autorappresentazione dei tedeschi non è stato chiarito. Un sondaggio dell’istituto Allensbach commissionato da questo giornale ha mostrato che una maggioranza relativa dei tedeschi non solo si definisce attraverso il passaporto, ma anche dalla cultura e dalla provenienza. Malgrado il diffuso scetticismo la maggior parte dei tedeschi guarda con distacco la crescita dei partiti euroscettici. Solo uno su quattro li accoglie positivamente. Altrettanto pochi intervistati si preoccupano  di poter perdere la loro identità nazionale attraverso l’integrazione europea e  anche solo il 12 per cento dei tedeschi considera l’adesione all’UE più svantaggiosa che vantaggiosa per il proprio paese. Circa la metà crede che vantaggi e svantaggi si bilancino. Per il futuro, i tedeschi quasi al completo, si augurano più vicinanza della UE e più trasparenza e vicinanza ai cittadini (96 per cento) così come una più forte cooperazione e una maggiore accordo tra gli stati membri (95 per cento). In generale una grande maggioranza si oppone all’adesione di nuovi stati membri (64 per cent), in particolar modo per la Turchia (82 per cento). I tedeschi intervistati sono stati 1001 tedeschi, tutti maggiorenni, tra il 4 e il 15 ottobre del 2016. Quindi il risultato delle presidenziali americane, così come la minaccia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan di rompere il patto sui rifugiati con l’Unione Europea, ha avuto un’influenza limitata sulle risposte.

Originale: N-TV del 28 novembre

Traduzione di Alessandro Grassi

Ancora un’altra crisi: No!

Il primo ministro italiano si trova in grossa difficoltà e con lui anche l’Europa: in un referendum tra due settimane in gioco non è più soltanto una riforma costituzione, ma il futuro di Renzi. Un fallimento dell’amico dell’Europa farebbe traballare ancora di più l’Unione Europea.

Un’altra crisi è proprio ciò di cui l’Europa non ha bisogno. Al più tardi da dopo le elezioni americane le lancette indicano: insicurezza. E anche se nel referendum in Italia si tratta di politica interna, da tempo il voto è diventata un’insidia il continente. Quando gli italiani il 4 dicembre faranno una croce non tanto a favore o contro una complessa riforma costituzionale, ma più che altro a favore o contro il loro primo ministro, uno degli ultimi e importanti europeisti rimasti.
Matteo Renzi rumoreggia in questi giorni da una iniziativa elettorale all’altra e si sente e si vede ovunque. Nel livestream di Facebook, alla radio, in tv invoca un giorno sì un giorno no il “sì” per un’Italia più efficiente, stabile e di successo. Con un Senato ridotto non solo vuole risparmiare denaro, ma anche accelerare la legiferazione. E accrescere così anche i propri poteri.

UN “NO” AL MOMENTO È PIÙ PROBABILE

Credo che questo referendum possa veramente significare una svolta per l’Italia”, ha detto di fronte ai giornalisti Renzi, venerdì nel suo millesimo giorno di mandato. “Vedo un popolo che vuole cambiare”. Ma i sondaggi mostrano qualcos’altro: i giornali “il Corriere della sera”, “la Repubblica” e “la Stampa” hanno pubblicato prima del fine settimana gli ultimi rilevamenti prima del referendum. Secondo questi il “no” è in vantaggio tra i 7 e i 10 punti percentuali sul “sì”. Anche se ci sono ancora molti indecisi, non solo la Banca d’Italia inizia a intravedere quali conseguenze potrebbe avere un “no”, dato che Renzi ha legato l’esito del referendum con il suo futuro politico. Molti italiani non hanno dimenticato questa eccessiva spavalderia anche se nel frattempo il primo ministro ha più volte preso le distanze da tale posizione.
Ma nel caso, una maggioranza di “no” potrebbe non mantenere al palazzo del governo il 41enne primo ministro e far scivolare l’Italia in una crisi: il periodo di tempo fino alle elezioni del 2018 potrebbe rivelarsi con un governo di transizione come aggiornamento. La Banca d’Italia ha individuato la minaccia che aleggia su tutto: che il referendum comporti anche un rischio economico. La prima settimana di dicembre si prevede, con il referendum, una forte instabilità del mercato italiano – si legge nel suo più recente report sulla stabilità. L’economia dell’Italia è comunque spossata, l’indice azionario soffre per le banche stremate, e l’Italia è da tempo poco attraente per gli investitori.

UN ONDA DI SCHOCK PER TUTTA L’EUROPA

Se allora la terza più grande economia della zona euro dovesse andare a rotoli, lo choc si sentirà in tutta Europa. Non è però che Renzi e i sostenitori della sua riforma si trattengano dal fare uso di scenari foschi. Gli oppositori arrivano a rimproverare al premier di alimentare la paura. Gli oppositori dei Cinque Stelle e della xenofoba Lega Nord trovano ascoltocon la loro chiassosa campagna.
Bollano la riforma costituzionale come anti-democratica: la riforma toglierebbe il controllo dalle due camere e fornirebbe al governo troppo potere. In questo modo sperano di poter giocare un ruolo maggiore in un Italia post-renzi e così anche in Italia soffierebbe un vento anti-europeista. Renzi prova a salvare quel che c’è da salvare e spera nei molti indecisi. Ma dalla delusione anche lui accende gli animi degli euroscettici del paese. Sempre più spesso tuona contro Bruxelles, forse per mostrarsi come l’uomo forte. Recentemente però non ha fatto una bella figura, l’amico-della-Europa, quando, seduto nel suo ufficio, dietro di lui non c’era, come al solito, la bandiera europea.
A Berlino e Bruxelles non resta che sperare che il giovane premier, che con i suoi tre anni di mandato conta già tra i governi più longevi del paese, esca vincitore dal referendum. “Per Merkel la stabilità dell’Italia è fondamentale”, scrive il quotidiano “la Repubblica”. Se Renzi ancora una volta dovesse farcela sarebbe per l’Europa un barlume di speranza nel mezzo del sempre più crescente caos.

Originale: N-TV 20 novembre 2016

Acquisto di veicolo con contributo del datore di lavoro

Attualmente la prassi aziendale nei rapporti di lavoro prevede spesso un accordo in deroga che permette al dipendente di utilizzare l’autoveicolo anche per suo uso privato, p.e. per girare il fine settimana o per andare in vacanza. In particolare, il veicolo viene rilevato dal datore di lavoro con un contratto di locazione finanziaria a certe condizioni, per cui il veicolo va considerato fiscalmente un cespite aziendale; tali condizioni sono necessarie al fine del risparmio fiscale qui discusso e vengono severamente valutate dal Fisco tedesco in occasione di controlli. Con il dipendente viene a parte accordato l’uso privato durante il periodo di durata del leasing, al massimo però fino a che è in vigore il rapporto lavorativo; l’uso termina quindi in caso di licenziamento, dimissioni, pre-pensionamento, esenzione. Inoltre l’obbligo di manutenzione e riparazione del veicolo, come pure la sua responsabilità per danni o perdita è a carico del dipendente. Di contro, esso ottiene tutti i diritti di rivalsa verso l’assicurazione e il lessor per il risarcimento dei danni subiti. L’uso privato rappresenta un fringe benefit, cioè salario in natura, imponibile come retribuzione in capo al dipendente. Tale accordo prevede anche che lo stipendio mensile del dipendente venga decurtato di un certo importo, in genere pari circa alla rata di leasing e che esso possa acquistare il veicolo al termine del contratto leasing, senza però averne diritto. Il datore di lavoro deve quindi continuare a pagare alcuni costi relativi al possesso del veicolo, per ottenere il risparmio fiscale che qui viene descritto, p.e. l’assicurazione, il TÜV, il bollo; la spesa complessiva per il bene va suddivisa tra dipendente, che sopporta gran parte dei costi, e datore.
Nella busta paga del dipendente si troverà p.e. il seguente conteggio:
uso privato del veicolo come fringe benefit imponibile
eur 300
contributo spese
eur 700
= riduzione dello stipendio di 400 eur, con corrispondente risparmio di imposte e contributi!
Il risparmio qui descritto ha effetto alla condizione che il veicolo venga utilizzato dal dipendente in gran parte per scopi privati, cioè per la famiglia, per turismo, vacanze in patria, e solo in modesta parte per il lavoro. Rispetto all’acquisto della vettura con soldi propri o dallo stipendio netto, un simile accordo con il datore di lavoro conduce ad un certo risparmio per ambedue.

Riforma imposizione sulle successioni di imprese

Il Parlamento delle Regioni ha approvato la riforma dell’imposta sulle successioni, con effetto a partire dal 30 giugno per le successioni ovvero dal 1 gennaio per le valutazioni patrimoniali. Al riguardo sussistono grossi dubbi costituzionali a causa della retroattività di applicazione.

Qui di seguito elenchiamo alcune modifiche importanti:

Il patrimonio aziendale cosiddetto ‘amministrativo’ non gode più di franchigie esenti imposta e di sgravi fiscali. La defiscalizzazione parziale opzionale è riservata al patrimonio ‘produttivo’ aziendale, che venga mantenuto in forza per un lungo periodo. Eccezioni valgono a vantaggio di imprese famigliari.

La differenziazione tra patrimonio ‘amministrativo’ ed altri cespiti destinati volontariamente all’azienda ma che possano anche servire per usi privati nasconde numerose occasioni di contenzioso.

Il patrimonio non produttivo può ammontare al massimo al 20% del patrimonio aziendale complessivo, al fine di poter optare per i vantaggi fiscali previsti. Il superamento di tale soglia blocca ogni opportunità anche per il patrimonio aziendale operativo, poiché non sono previsti scaglioni decrescenti. La soglia del 20% è commisurata al patrimonio lordo; la deduzione dei debiti ed obblighi relativi sfortunatamente non è prevista.

Il conteggio delle soglie finanziarie avviene considerando una quota minore del valore aziendale, ma solo se rappresenta patrimonio produttivo di lunga data; scatole vuote o società in perdita sistemica sono quindi giustamente escluse.

Il tasso di attualizzazione ammonta ora a per il Fisco generosi 13,75 % .

La liquidazione dell’imposta scade in rate periodiche, come in vigore attualmente, ma al più tardi al momento della realizzazione delle plusvalenze dalla cessione od assegnazione del patrimonio aziendale.