Le imprese si arrabbiano per le espulsioni dei tirocinanti

Nonostante le nuove leggi per l’integrazione, in Germania i rifugiati che già si sono assicurati un contratto formativo o che già hanno cominciato un periodo di tirocinio continuano a venire rimpatriati.

Per questo, secondo un sondaggio della Sueddeutsche Zeitung, molti datori di lavoro sono arrabbiati e si sentono insicuri a riguardo, se assumere giovani rifugiati. Le associazioni delle imprese e l’Agenzia Federale del Lavoro (Bundesagentur für Arbeit) richiedono ora di porre fine a queste pratiche di espulsione probabilmente illegali.

“Purtroppo oggi come ieri continuiamo a sentire dalle nostre aziende che i rifugiati, nonostante siano in possesso di un contratto di formazione o durante un tirocinio, continuano a venir espulsi”, ha detto Hans Peter Wollseifer, presidente dell’Unione Centrale delle Manifatture tedesche alla SZ.

Questo è vero soprattutto per le regioni meridionali. “Le aziende che fino ad ora tanto si sono impegnati per giovani rifugiati, per questo si sentono insicuri” è la critica del presidente degli imprenditori. In particolare gli Afghani, al momento considerati nelle imprese vogliosi di imparare e affidabili, sono i più colpiti. Le fabbriche che hanno bisogno di forza specializzata, si aspettano più stato di diritto per poter pianificare meglio il loro impegno per la formazione, ha detto Wollseifer.

In teoria anche i richiedenti asilo per cui non è ancora stato sancito il diritto di restare dovrebbero avere la certezza di poter rimanere qui durante il periodo di tirocinio. Così è stato deciso con la legge per l’integrazione del 2016.

In essa è anche stabilito che tali rifugiati dovrebbero avere un permesso di soggiorno esteso per altri due anni nel caso vengano impiegati dopo il periodo formativo di tre anni. Ma è evidente che non tutti i pubblici ufficiali si attengano alla norma.

“Le imprese riportano che i funzionari dell’immigrazione applicano a discrezione la regola del 3+2 per coloro che stanno in un periodo di formazione. I vertici delle regioni dovrebbero assicurarsi che il diritto venga però applicato nella stessa maniera a livello federale”, ha detto il presidente degli imprenditori Ingo Kramer. “Altrimenti corriamo il pericolo che le imprese si tirino indietro dal formare richiedenti asilo o migranti non accettati ma tollerati”. Questo penalizzerebbe la loro integrazione nel mercato del lavoro.

Allo stesso modo la pensa Detlef Scheele, capo dell’Agenzia Federale per il Lavoro: “Quando si chiude un contratto di formazione e questo viene succede sempre prima dell’inizio della formazione stessa, a volte anche mesi prima, dovrebbe esserci una protezione dall’espulsione. È in questo senso che va intesa la regola del 3+2”, ha detto. Il datore di lavoro dovrebbe avere la certezza, così come il futuro tirocinante, che il contratto formativo effettivamente si realizzerà.

Nonostante ciò, secondo i rapporti, nelle regioni, soprattutto Baviera, Baden Württemberg e Sassonia si sono verificate espulsioni oppure è stato negato il permesso di lavoro. Questo ha portato anche nelle regioni limitrofe ad una “insicurezza sul fatto che sia possibile dare formazione a persone che non hanno ancora una situazione stabile in quanto richiedenti asilo”, ha detto Scheele. Ma questo “non è conveniente per il mercato del lavoro”.

Di Thomas Öchsner, Berlino, Der Spiegel
Traduzione: Alessandro Grassi