Una studentessa bionda e gracile entra in pieno giorno in un casermone di Dresda, là dove l’oscura Germania è forse più scura, o per lo meno così pensa lei. Si chiama Janina Dreier, ha 27 anni ed è nata in Bassa Sassonia nell’anno della caduta del muro. Entra nel Acki’s Sportsbar, il locale dei tifosi della Dynamo Dresden famoso per i tafferugli legati alla destra estrema. Lo stadio è lì accanto, un supermercato Aldi di fronte, le slot machine sonnecchiano, sopra il bancone fumo.
“È una birreria questa, no?” inizia Janina a bassa voce frugando nel suo zaino. “Nah” dice Rainer, il gestore. “Ah… infatti lo pensavamo, beh… io lo pensavo”, dice Janina ridendo timida mentre gli mette una pila di sottobicchieri davanti “avrebbe voglia di distribuire questi? Si potrebbe fare?”
L’oste guarda con scetticismo da sotto le sue sopracciglia folte, prende un sottobicchiere e legge “i rifugiati prendo più soldi di chi prende il sussidio minimo”. Rainer fa un cenno col capo e nota la parola “pregiudizio”, gira il disco e legge “Secondo la legge per i richiedenti asilo un rifugiato riceve 354 euro al mese. L’importo del sussidio minimo Hartz IV è di 404 euro”.
L’oste fa i conti, 50 euro meno della maggioranza dei suoi clienti. “Questo è un fatto”, dice, si potrebbe imparare qualcosa, poi prosegue “li lasci qui. Così abbiamo qualcosa di cui parlare dopo la partita, non siamo poi così incorreggibili”.
Janina aveva fatto le prove e si aspettava di venire cacciata, ma quel giorno pregiudizi e preconcetti se ne vanno per entrambe le parti. “Incredibile!”, pensa Janina. Vive a Dresda da tre anni, voleva venire proprio qua: “a causa delle dinamiche e delle possibilità”, Janina studia sviluppo degli spazi e gestione delle risorse naturali, è al quarto anno.
L’idea dei sottobicchieri è venuta ad un suo compagno di corso “quando quelli hanno cominciato con le marce”. Quelli sono Pegida, Dresdiani indignati, che ogni lunedì con i toni offesi dei perdenti urlano vuoti slogan politici.
Fino all’estate scorsa era dall’altra parte, nel blocco nero, veniva insultata come scansafatiche. Poi ad un certo punto non ha più capito il senso della sua protesta. Voleva andare là dove le parole d’ordine nascono – nel cuore delle risse braccio a braccio, nel delirio degli alcolici: nei locali della Sassonia.
Così i suoi compagni disegnarono sei diversi sottobicchieri. Da un lato hanno stampato il pregiudizio, dall’altro i fatti. “Formazione politica in formato cartoncino” la chiamano, o “fact-checking alla spina”. Ad agosto hanno fatto stampare 120 mila sottobicchieri, il denaro è arrivato dal ministero regionale per il sociale e dall’unione dei gestori di locali, l’azione è costata 13000 euro. Molte lodi ma anche critiche: “una campagna di diseducazione” come ai tempi della DDR, secondo la AfD.
Dall’altra parte rispetto al territorio di Pegida, sull’altra sponda dell’ Elba, c’è la Neustadt di Dresda, qui Janina entra nel locale Hebeda’s Familienkehr, gioca in casa, tutti studenti, è passa al barman due sottobicchieri: “i rifugiati ci costano solo soldi”, e “ci portano via il lavoro”. Mentre alla Germania senza immigrazione per 20 anni mancherebbero milioni di lavoratori, spiega l’altro lato del sottobicchiere. Le fonti sono il Fondo Monetario Internazionale e l’Istituto per l’Economia Tedesca. “Fonti capitaliste di merda” dice il barmann, “queste cose qui non le vogliamo, vattene!” Janina se ne va spalle basse e ammutolita dalla delusione.
Sottobicchieri contro il pregiudizio
Nella birreria alla moda di fronte la partita è la stessa: la cameriera temeva il suo capo che vorrebbe un “bar neutrale”, semplicemente niente politica insieme alla birra e agli hamburger. Sembrerebbe che i fatti siano più difficili da distribuire nella parte sinistra dello spettro politico che non a destra.
Ultima fermata Leo’s Bierstube, uno di questi tristi bar di periferia, ritrovo dei dannati, che si raccontano la vita davanti a una birra, mentre dal Jukebox si sente Roland Kaiser.
Questa sera però si ascoltano tra di loro, e la colpa è dei sottobicchieri di Janina. “La Germania si prende tutto il mondo” mette sul bancone e aspetta. Una dresdiana doc avvicina la sedia, si fa mostrare tutti i sottobicchieri, dice che è come nei quiz di Guenter Jauch e chiama un giro di “pfeffi”, liquore alla menta verde che non solo sembra sapone per i piatti.
Quando Leo il gestore si avvicina al tavolo portando con sé altri avventori, questo piccolo mondo improvvisamente si espande. Leo legge: “Appena lo 0,7 per cento dei 65 milioni di profughi del mondo hanno fatto domanda di asilo alla Germania”. Ah, non lo sapeva. E inizia a chiacchierare, racconta di quanto in realtà sia aperto con gli stranieri, di sua figlia che studia a Parigi.
E Janina riporta dei nomadi sui monti dell’Indu Kush, che una volta ha visitato, e per una notte dimentica questa Germania in cui si litiga per ogni cosa e invece riconosce ciò che è vero e ciò che è falso. E è semplicemente una studentessa che beve liquore alla menta e che da domani continuerà ad aspettare di terminare una tesi di laurea che sarebbe già dovuta essere finita da tempo.
Fiona Ehlers, Der Spiegel, Ausgabe 6, 4/2/2017 Traduzione di Alessandro Grassi